17 Dicembre 2024 - di Stefano Olivari
Corsa a tre per lo scudetto: Atalanta, Napoli e Inter se ne stanno andando, vincendo sia le partite rognose sia a maggior ragione quelle dominate. E potrebbe diventare drammatica la lotta per la Champions League, con la Juventus a 3 punti da quarto e quinto posto, ma soprattutto il Milan a meno 8. Si delineando la situazione anche in basso, con Monza e Venezia ultime a quota 10, a 5 punti dalla permanenza in Serie A. Ma al di là dei risultati è evidente una tendenza: nel mirino dei tifosi non ci sono più allenatori e giocatori, o per lo meno lo sono soltanto in casi particolari. Nel mirino adesso ci sono i dirigenti: dalla Juventus al Mila, dalla Roma al Torino, c’è davvero una svolta culturale. La gente inizia a prendersela con i generali, prima che con i soldati.
Il clamoroso gol di Che Adams da 46 metri ha risolto una partita in equilibrio e salvato la panchina di Vanoli, dando al Torino una vittoria che mancava da quasi due mesi. Da non dimenticare mai le diverse ambizioni di due squadre con gli stessi punti in classifica, 19, ed entrambe in vendita anche se Corsi e soprattutto Cairo fingono che non sia così.
Decima vittoria consecutiva per la squadra di Gasperini e certo non la prima, in questa stagione, ottenuta in una partita brutta, sporca e cattiva, di quelle che le squadre da scudetto devono vincere, con tanto di recriminazioni della provinciale penalizzata da un rigore non concesso: il Cagliari di oggi in un certo senso come l’Atalanta di una volta, visto che a livello di iniziativa ha messo sotto la capolista per quasi 90 minuti. Gasperini è comunque il primo a non essere soddisfatto, al di là dei rimproveri a Zaniolo per l’esultanza esagerata: se Carnesecchi è stato il migliore in campo significa che la profondità della rosa va sfruttata meglio e non soltanto per far scrivere ‘Gasperini l’ha vinta con i cambi’.
L’assenza di Kvaratskhelia è stata assorbita bene dal Napoli reduce dalla doppia sconfitta con la Lazio, Napoli facilitato da un’Udinese che negli ultimi due mesi ha perso davvero tanti colpi: 5 sconfitte in 7 partite e un difensivismo che nel calcio di oggi, il calcio che tutela le squadre più forti, non paga. Nonostante la squadra di Runjaic sia andata in vantaggio, con Thauvin che ha messo in rete il rigore che si era fatto parare da Meret, il risultato non è mai stato in discussione e molti giocatori hanno cambiato passo, dall’attesissimo David Neres (per il brasiliano soltanto la seconda partita da titolare) a un Lukaku sempre da asteriscare, per una volta meglio da realizzatore (pesantissimo il gol del pareggio) che da uomo squadra.
L’entusiasmo generato dalla partita con il Manchester City è già diventato un ricordo. Il pareggio agguantato su rigore al 95’ contro l’ultima in classifica non ha evitato i fischi dello Stadium alla Juventus in generale e a Vlahovic in particolare, che dopo il rigore segnato (e una buona partita, va detto) ha risposto polemicamente ai tifosi. Decimo pareggio in 16 partite, 9 i punti di distanza dall’Atalanta ma zona Champions ancora ampiamente alla portata, per un Thiago Motta che oggettivamente sta facendo peggio di Allegri con una squadra sulla carta migliorata, a meno che Koopmeiners sia diventato meno forte di Miretti. Juventus lenta e con troppi giocatori che puntano al compitino, quasi a compiacere l’allenatore e la critica, proprio come contro il Bologna. Quanto al Venezia, i punti li vedono tutti ma le partite no: fra le squadre candidate alla retrocessione è quella che sta giocando il miglior calcio, si può risollevare anche se Di Francesco ha ormai perso quell’aura di maestro.
Per Giampaolo seconda vittoria della sua gestione al termine di una partita dominata contro un Monza davvero dimesso, nonostante il livello dei giocatori leggermente superiore a quello del Lecce.
Il cammino trionfale della squadra di Palladino, 8 vittorie consecutive, si è interrotto proprio senza Palladino (assente per la morte della madre) in panchina, contro il Bologna dell’ex Italiano. Un ex avvelenato oltre quello che si pensasse, vista l’esultanza onesta e così in contrasto con l’ipocrisia imperante, e il battibecco con Pradé. Adesso chi ha lasciato chi è più chiaro. In ogni caso una buona Fiorentina, che ha ancora margine di crescita.
La squadra di Pecchia fa e disfa, al Tardini soprattutto disfa: quinta sconfitta casalinga, contro un Verona che ha salvato ancora per qualche settimana la panchina di Zanetti, che con un 3-5-2 del genere blindato ha portato a casa 3 punti che per la salvezza potrebbero essere decisivi.
La cura Ranieri non ha ancora curato la Roma, che a tre giornate dalla fine del girone di andata è di soli 2 punti sopra la zona retrocessione. Al Sinigaglia una prova modestissima e senza fuoco contro la squadra di Fabregas, che non vinceva da settembre e che ha giocato con grande intelligenza uscendo alla distanza: i 2 gol segnati in pieno recupero sono un caso ma anche no. Una favola Gabrielloni, che ha segnato per il Como in D, C, B e adesso anche in A, un incubo quello di Ranieri stretto fra un presente tragico da allenatore e un vago futuro da dirigente, che vorrebbe scrivere con Allegri in panchina.
La festa per i 125 anni del Milan, di fronte a tante (ma senza Rivera, non invitato, e Maldini che ha dato buca) vecchie glorie rossonere, si è conclusa fra i fischi di San Siro per un pareggio che colloca la squadra di Fonseca 14 punti, con una partita in meno, sotto l’Atalanta capolista ma soprattutto 8 sotto il quarto e quinto posto, quindi la zona Champions. Le critiche di Fonseca ai suoi giocatori dopo la vittoria con la Stella Rossa, i messaggi lanciati scheirando titolari i giovani Jimenez e Liberali, la panchina puntiva per Theo Hernandez: tutte cose inutili anche se contro un Genoa messo in campo per lo 0-0 non si è visto un brutto Milan e in altri tempi, con Pioli, questo tipo di partita sarebbe finita 1-0. Certo è che Fonseca è ormai un separato in casa, con dirigenti inesistenti che alternano comunicati in aziendalese a frasi da motivatori trash, alla Ibrahimovic. Va detto che nel mirino dei tifosi non c’è Fonseca, che pure ha colpe notevoli, ma proprietà (assurda l’assenza di Cardinale alla festa, ma non mancano i giornalisti che spiegano che gli americani fanno così) e dirigenti.
Clamorosa prova di forza dei campioni d’Italia, in una partita che dopo gli applausi alla memoria di Mihajlovic si è sbloccata per l’infortunio di Gila e la sua sostituzione con Gigot: da lì il rigore di Calhanoglu e tutto il resto, uno show a cui non si è iscritto un sempre più ombroso e involuto Lautaro Martinez. Per molti aspetti, ben oltre il risultato, la peggiore Lazio della stagione: molle in difesa anche quando ben piazzata, mai pericolosa dalla tre quarti in su, sempre sotto nei contrasti. Rimane una squadra pienamente in corsa per la Champions, fra quelle di alta classifica è quella più vicina ai suoi limiti. Quanto all’Inter, l’unico suo problema oltre agli avversari è quello di prendere un attaccante a gennaio.
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Articolo Pubblicato il: 17 Dicembre 2024 |
Scritto da: Stefano Olivari |
Laureato in Economia e Commercio all'Università Bocconi, ha iniziato a scrivere nel 1994 per La Voce di Indro Montanelli, proseguendo con testate come La Repubblica, Mediaset, Radio RAI e Guerin Sportivo. Nel 2000 ha fondato il sito Indiscreto, punto di riferimento per lo sport e i media. Autore di dodici libri su sport e cultura pop. |
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