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Commento della 21° Giornata di Serie A 2024-25 | A cura di Stefano Olivari

La Serie A dopo la ventunesima giornata

21 Gennaio 2025 - di Stefano Olivari

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Il Napoli fa un passo enorme verso lo scudetto andando a vincere a Bergamo: se lo giocherà fino all’ultimo con l’Inter, mentre l’Atalanta vede scivolare via il grande sogno. Thiago Motta ha sempre più in mano la Juventus: bella impressione con l’Atalanta nel recupero, ottima impressione con il Milan con un calcio che secondo la moda si può anche definire relazionale. La Lazio tiene duro, mentre la Fiorentina prosegue nella sua caduta libera che sta mettendo in discussione Palladino, in poche partite passato da emergente cool ad allenatore sull’orlo dell’esonero: contro il Torino la squadra viola si è fatta rimontare nonostante la superiotà numerica per un’ora, non vince in campionato dall’8 dicembre e non è che la vicenda Bove possa spiegare tutto. In fondo alla classifica il Cagliari tritura il Lecce, Parma e Venezia mostrano un pareggio degno della Serie B e il Monza in Serie B ci va davvero, perdendo a Bologna dopo essere stato in vantaggio.

Addio Kvaradona

La scorsa estate il Napoli aveva due dei più forti attaccanti del mondo, o giù di lì, e rifiutava un’offerta complessiva di 220 milioni del PSG per avere entrambi. Adesso non ha nessuno dei due: Kvaratskhelia è stato ceduto allo stesso PSG per 70 milioni e Osimhen, in prestito gratuito al Galatasaray, difficilmente verrà venduto per una somma suoeriore. Insomma, senza i i due trascinatori del terzo scudetto e con 100 milioni sfumati: in tutto questo non si vedono né questioni di prestigio, a meno di definire tali le impuntature di De Laurentiis, né grandi strategie. L’unica strategia è avere ingaggiato Antonio Conte, oltretutto in versione meno richiedente e più aziendalista rispetto al passato. Nel quadro attuale del calcio italiano è sufficiente per giocarsi lo scudetto e i tanti antipatizzanti di Conte non possono negare che pochi mesi fa Lukaku sembrasse finito, McTominay uno dei mille scarti del Manchester United, Di Lorenzo un caso, Spinazzola un infortunato cronico, eccetera. Probabile che con Osimhen e Kvaratskhelia, che qualche mese di sacrificio l’ha fatto, nessuno avrebbe parlato di Napoli di Conte. Certo in campo è il Napoli di Anguissa, ma mediaticamente l’immagine del Conte capopopolo che arringa la folla con il megafono in mano è troppo forte.

La mancanza di Calhanoglu

L’Inter senza Calhanoglu, Thuram e soprattutto Mkhtarian, gli ultimi due entrati negli ultimi 20’ contro l’Empoli, è quasi un’altra Inter, anche se contro la squadra di D’Aversa ha timbrato il cartellino e rimane a 3 punti dal Napoli, con la partita contro la Fiorentina da recuperare. Una squadra che gioca a memoria, che costruisce tante occasioni da gol come è sempre stato con Simone Inzaghi, ma anche evidentemente stanca. Lautaro Martinez pare abbia smesso di litigare con il gol, ma non c’è dubbio che il testa a testa con un Napoli senza coppe sia meno scontato di quanto dicano le quote. Probabile che il mercato possa risolvere qualche problema più all’Inter che al Napoli.

La maledizione di Riad

Avere affrontato la Supercoppa con la squadra B ha portato male all’Atalanta, che oltre ad avere perso con l’Inter a Riad ha fatto 0-0 sul campo dell’Udinese venendo dominata dalla squadra di Runjaic, ha fatto 1-1 in casa con la Juventus nel recupero e adesso ha perso lo scontro scudetto con il Napoli, senza particolari demeriti se non errori individuali dei difensori, con Djimsiti, Hien e Scalvini molto sotto al loro standard regalando la partita a un Conte che in alcune fasi è stato preso a pallate. L’Atalanta non perdeva dalla fine di settembre e in questo periodo ha mostrato un calcio di livello clamoroso, fra l’altro anche nella vittoria 0-3 al Maradona del 3 novembre, ma questi punti lasciati per strada in gennaio senza un vero perché, se non la pressione del mitico ‘anno buono’, saranno pagati cari. Sempre ricordando che stiamo parlando di una squadra che ha un monte ingaggi di 60 milioni lordi circa: 81 meno dell’Inter, 51 meno della Juventus, 44 meno del Milan, 30 meno della Roma, 23 meno del Napoli.

Conceiçao senza sigaro

Dopo la sconfitta con la Juventus il Milan versione Sergio Conceiçao è scivolato a 8 punti dalla zona Champions e la di là della grandi discussioni tattiche (a Torino i rossoneri si sono presentati con un 4-1-4-1 che in teoria aveva un senso) il problema è questo. Poi con la Juventus l’abuso di costruzione dal basso e la scarsa intensità sono sembrati contraddire lo spirito e le dichiarazioni del nuovo allenatore, lanciato dalla fortunata (soprattutto nella semifinale proprio con la Juventus) Supercoppa ma poi alle prese con le stesse logiche che hanno triturato Fonseca: una squadra dipendente da due, facciamo tre con Reijnders, giocatori chiave. Con la Juventus Theo Hernandez ha sofferto Yildiz, McKennie e Weah, al punto di rinunciare alle sue grandi sgasate, mentre Rafael Leão ha giochicchiato come sempre gli accade dopo un periodo di troppi complimenti: Sergio Conceiçao pare averli presi per il verso giusto, ma forse troppo tardi.

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La vittoria di Olympia

L’incredibile caso del falconiere licenziato dalla Lazio per avere pubblicizzato la sua protesi peniena, seguita dalla rottura del club con l’urologo che l’ha operato, non ha turbato la squadra: Baroni non vedrà più volare Olympia, ma intanto con uno Zaccagni super è andato a vincere a Verona, dando un dispiacere ai nuovi proprietari americani, e tenendo fuori dalla zona Champions la Juventus che probabilmente la supererà quando ritroverà Vlahovic o chi per lui. Al di là del falconiere e della vittoria in un Bentegodi che gli americani vorrebbero (giustamente) demolire e ricostruire, non si può dimenticare l’aspetto politico-sportivo: Lotito negli ultimi tempi ha preso bastonate sia in FIGC sia in Lega, Gravina e Simonelli sono due sue sconfitte. Il blocco dei proprietari stranieri, a cui ora si sono aggiunti quelli di Presidio al Verona, più la Juventus che in fondo è di una multinazionale, stanno costruendo un altro calcio e un’altra Serie A. Che non sarà più quella bloccata che permetteva ai Lotito e alla classe media di prosperare rischiando pochissimo.

Dybala sano

Una vittoria casalinga contro il Genoa è poco per far gridare al miracolo, ma certo è che la Roma di Ranieri ha un senso e chiuderà dignitosamente la stagione, in campionato e in Europa League. Dopo il frettoloso e folle triennale a De Rossi, fortemente voluto dai Friedkin, la tentazione è quella di un altro rapporto a lungo termine che tenga buona la piazza. E Ranieri per la prima volta non sembra così convinto del vago futuro dirigenziale che gli è stato prospetto: meglio giocarsi la vita sul campo, magari con il Dybala risanato che finora è il suo vero capolavoro. Perché il 73enne Ranieri non è un medico né un preparatore atletico, ma un po’ di calcio l’ha visto e sa come utilizzare un talento facile all’infortunio: i fatti dicono che erano quasi 7 anni, stiamo parlando della Juventus del primi ciclo di Allegri, per vedere Dybala titolare per 8 partite consecutive. E così è anche per altri, da Hummels a Lorenzo Pellegrini: Ranieri non è un genio del calcio e proprio per questo non vuole imporre un presunto ‘suo’ calcio. Poi arrivare dopo un disastro è sempre più facile, ma il bonus di credibilità di Ranieri è enorme e un allenatore della Roma deve avere soprattutto questo.

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Articolo Pubblicato il: 21 Gennaio 2025
Scritto da: Stefano Olivari
Laureato in Economia e Commercio all'Università Bocconi, ha iniziato a scrivere nel 1994 per La Voce di Indro Montanelli, proseguendo con testate come La Repubblica, Mediaset, Radio RAI e Guerin Sportivo. Nel 2000 ha fondato il sito Indiscreto, punto di riferimento per lo sport e i media. Autore di dodici libri su sport e cultura pop.

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