Nel basket si gioca cinque contro cinque, tranne che in sue sottospecialità codificate come il tre contro tre o da strada come il due contro due, che comunque non c’entrano con la pallacanestro tradizionale e diffusa in tutto il mondo.
Detto che a basket si gioca in cinque, o anche in numero minore in casi particolarissimi di uscite per falli o espulsioni, il discorso cambia se ci si riferisce al numero di giocatori a referto o a quelli messi sotto contratto da una squadra nell’arco di una stagione.
Nella stagione 2023-24 una squadra NBA deve presentarsi ad ogni partita con un minimo di otto giocatori, il che significa che deve averne come minimo tre in panchina oltre ai cinque in campo: è evidente l’intento di difendere l’immagine di un prodotto televisto in tutto il mondo.
C’è ovviamente anche un numero massimo di giocatori utilizzabili, che è di tredici, quindi il massimo di giocatori in panchina è otto. Non si tratta in ogni caso di tutti i giocatori sotto contratto, perché questi possono essere quindici, che diventano ventuno nella offseason, durante l’attività estiva.
In aggiunta ai quindici contratti in essere durante la stagione una squadra NBA può averne anche tre di tipo ‘two-way’, che consentono di utilizzare giocatori di G-League secondo le necessità. Si può quindi dire che di fatto una squadra NBA può avere un roster, cioè una rosa, di diciotto giocatori anche se poi nei fatti gli allenatori ne utilizzano una decina.
Nella Serie A italiana ogni squadra ha a disposizione ogni anno diciotto tesseramenti, settore giovanile escluso: in teoria quindi una squadra con un ottimo settore giovanile potrebbe avere a disposizione anche più di trenta giocatori, ma è appunto un discorso teorico visto che i giovani italiani in grado in Serie A almeno di stare in campo sono pochissimi.
In ogni caso ogni club può mandare a referto soltanto dodici giocatori a partita, quindi oltre ai cinque in campo ci possono essere al massimo sette giocatori in panchina. Certe squadre tendono ad utilizzarli tutti, ma ovviamente non ci può essere una regola.
Ognuna delle diciotto squadre di Eurolega può avere nell’arco della stagione venti contratti, ma non più di sedici contemporaneamente, quindi si può dire che i roster delle squadre di Eurolega siano composti al massimo da sedici giocatori, in un determinato momento.
E di questi teorici sedici non più di dodici possono andare a referto, quindi in Eurolega oltre ai cinque giocatori in campo ce ne sono al massimo sette, per ogni squadra, che vanno in panchina. Da ricordare che i dodici giocatori utilizzabili in una partita di Eurolega, o di Serie A, lo sono in partite di quaranta minuti, mentre i tredici della NBA lo sono in partite da quarantotto minuti.
In altre parole ogni giocatore della NBA in tenuta da gioco ha nella media 18,4 minuti di gioco, contro i 16,6 di uno di Eurolega. Nella realtà il divario è anche più ampio, visto che la differenza di valore fra stelle e panchinari è più ampia nella NBA che in Europa.
Nel basket tutti possono fare tutto, sia in fase difensiva sia in offensiva, quindi la distinzione in ruoli c’è ma non è rigida. A maggior ragione nel basket di oggi, che va verso giocatori universali e dinamici, spesso indistinguibili basandosi soltanto sul fisico. Detto questo, qualche termine del passato si può ancora usare.
Va da sé che ci siano tanti ibridi, come la cosiddetta combo guard, una guardia in grado sia di costruire gioco sia di tirare da fuori, lo swingman, misto di guardia e ala piccola, il point forward, un’ala che costruisce gioco, lo stretch four, cioè un’ala grande con un gioco anche perimetrale, eccetera. I ruoli non sono scomparsi, ma certo sono più difficili da definire.
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